NEL MEZZOGIORNO SOLO 10 BAMBINI SU 100 HANNO ACCESSO AGLI ASILI NIDO. POCHI POSTI E SEMPRE PIU’ CARI. IL MERIDIONE CONTINUA AD ARRANCARE.

Anche il welfare degli asili nido, pochi posti e sempre più cari, divide l’Italia. Val D’Aosta, Umbria ed Emilia Romagna superano il tasso di copertura per i bambini sotto i tre anni chiesto dall’Unione Europea. Nell’anno educativo 2014/15 sono state censite sul territorio nazionale 13.262 unità che offrono servizi socio-educativi per la prima infanzia, il 36% è pubblico e il 64% privato. I posti disponibili, in tutto 357.786, coprono il 22,8% del potenziale bacino di utenza (i bambini sotto i tre anni residenti in Italia) in lieve aumento rispetto al 22,5% del 2014. La fotografia viene dall’ultimo rapporto Istat, appena pubblicato. L’ indagine racconta di servizi che i Comuni fanno fatica a sostenere e di costi che pesano sempre più sulle famiglie. ” L’aumento delle tariffe richieste dai Comuni per i servizi offerti e la difficile situazione reddituale e lavorativa delle famiglie, si legge nel rapporto dell’Istituto di statistica, sono tra i fattori che hanno influito sul calo delle iscrizioni.”

Complessivamente i posti disponibili coprono il 22,8% del potenziale bacino d’utenza, costituito da bambini sotto i tre anni residenti in Italia. E la situazione è molto diversificata sul territorio, con il Sud ancora nelle posizioni di retroguardia. Infatti, mentre al Nord e al Centro Italia i posti censiti coprono circa il 30% delle domande delle famiglie con figli al di sotto dei tre anni, e al Nord-Ovest si arriva al 27%, al Sud e nelle isole si arriva rispettivamente al 10% e al 14%.I bambini sotto i tre anni accolti in servizi comunali o finanziati dai comuni variano dal 18,3% del Centro al 4,1% del Sud.  Notevoli anche le differenze nella spesa comunale in rapporto al potenziale bacino di utenza. Confrontando i Comuni capoluogo di provincia, la spesa più alta si ha a Trento, con 3.545 euro per bambino residente, seguono Venezia con 2.935, Roma con 2.843, Aosta con 2.804 euro; sul versante opposto si trovano i Comuni di Lanusei e Sanluri, che non hanno riportato spese per questo tipo di servizi, Reggio Calabria (19 euro per bambino), Catanzaro (38 euro), Vibo Valentia (46 euro).

Fra i Comuni capoluogo delle aree metropolitane spiccano per densità di servizi Bologna, Roma, Firenze, Cagliari, con valori superiori al 40% dei posti rispetto ai bambini di 0-2 anni. In tutti i grandi Comuni del Centro-nord la disponibilità di posti è superiore al 30% della popolazione target, mentre nel Mezzogiorno, con le eccezioni di Cagliari (41%) e di Bari (11%), si rimane al di sotto dell’8%. Nei Comuni non capoluogo delle aree metropolitane l’offerta complessiva risulta di poco inferiore, mentre la disponibilità di posti risulta superiore rispetto al capoluogo nel caso di Messina e di Bari. Napoli nel pubblico supera di poco il 6% nel pubblico e l’8% nel privato.

Proprio in questi fa il Consiglio dei Ministri ha dato il via libera definitivo al Piano nazionale pluriennale di azione per la promozione del sistema integrato di istruzione da 0 a 6 anni, che contiene principi e regole per dare seguito a una delle principali novità previste dalla legge 107 del 2015 (Buona Scuola) che ha sancito la nascita di un sistema integrato di istruzione per la fascia 0-6 anni, stanziando risorse specifiche per il potenziamento dei servizi offerti alle famiglie, per l’abbassamento dei costi sostenuti dai genitori, per garantire alle bambine e ai bambini pari opportunità di educazione, istruzione e cura, superando disuguaglianze e barriere territoriali, economiche e culturali.

Forse non sono sufficienti poche centinaia di euro per far aumentare la natalità: iniziare a dare a tutte le coppie  – italiane e straniere – un posto per far crescere i propri figli, alleggerendosi di alcuni carichi, darebbe più possibilità tanto ai bambini, quanto ai genitori.E non è certamente stato sufficiente il “Bonus bebè” per “incentivare” le nascite: una volta messi al mondo, non ci sono gli asili dove farli crescere. O, almeno, non ce ne sono abbastanza. E poi i Comuni hanno ridotto del 5 per cento la somma destinata ai servizi socio-educativi rivolti alla prima infanzia (1 miliardo 482 milioni di euro totali stanziati), portando le famiglie a contribuire economicamente di più rispetto all’anno precedente; nel Mezzogiorno solo 10 bambini su 100 hanno accesso agli asili nido. Qui da noi la cura è delegata alla rete parentale, però è diversa in relazione alle situazioni sociali, psicologiche, economiche. C’è uno stratificarsi in orizzontalità e in verticalità dei bisogni e delle opportunità che scivolano nella liquidità sociale e affettiva.

 

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