Cultura

Gli italiani di Crimea e la storia che nessuno sa

Ci volevano nuove tensioni internazionali e gli occhi dei media di tutto il mondo puntati sull’Ucraina per far ricordare la triste storia degli italiani di Crimea. Una storia che parla di genocidio e deportazione, iniziata nel 1942, in piena seconda guerra mondiale, con l’avanzamento dell’esercito di Hitler nell’Europa dell’Est. La deportazione cominciò il 29 gennaio di quello stesso anno, e vide protagonista la minoranza italiana residente in Crimea, costretta a viaggiare per chilometri e chilometri fino ai gulag del Kazakistan. Le (poche) testimonianze parlano di una comunità decimata da un inverno impietoso, dalla fame e dalle condizioni di lavoro, da un viaggio interminabile durante il quale un numero incalcolabile di innocenti perse la vita prima ancora di arrivare a destinazione. Di quei circa 2000 cittadini di Kerch di origine italiana e soprattutto pugliese, soltanto 200 riuscirono faticosamente a ritornare nelle loro case.

Oggi, il ricordo di quell’oscuro capitolo della storia del nostro Paese viene riportato alla luce da una mostra itinerante, “Gli italiani di Crimea. Il genocidio dimenticato“, che sarà ospitata nel Palazzo Gopcevich di Trieste per volere dell’Assessorato alla Cultura del Comune. La scelta della città non è casuale: alcune famiglie che riuscirono a salvarsi e ad evitare quel triste destino si rifugiarono proprio nella città giuliana, dove ancora oggi vivono i loro discendenti. Secondo le stime, si tratta di una ventina di famiglie, per un totale di un centinaio di persone, tra cui si contano anche 12 sopravvissuti alla deportazione tutt’ora in vita.

La mostra fotografica è stata inaugurata il 18 marzo ed è curata da Stefano Mensurati, vicedirettore del Giornale Radio Rai, e da Giulia Giacchetti Boico, presidente dell’associazione C.E.R.K.I.O. (Comunità degli Emigrati in Regione di Krimea – Italiani di Origine), che si propone di tutelare la minoranza italiana presente nella penisola e promuovere la conoscenza della sua storia, oltre che della lingua e della cultura del Bel Paese. «Il significato di questa mostra è triplice», spiega Mensurati, poiché si tratta non solo, com’è ovvio, di far conoscere una storia che nessuno più ricorda, ma anche di «raccogliere dei fondi per la comunità italiana in Crimea che oggi può contare su circa 300 persone. Da ultimo, sensibilizzare su questa vicenda le istituzioni e il mondo politico che non sono mai stati capaci di seguire con la giusta attenzione queste vicende». E con le vicende degli ultimi mesi, non c’è da stupirsi se in questa piccola forte comunità italo-crimea riemerga la paura per il futuro, un timore che riporta allora alla memoria anche gli spiacevoli eventi di un passato sotterrato sotto le lacrime e il sangue dei deportati, per citare Giulia Giacchetti Boico.

Inaugurata con successo all’università Ca’ Foscari di Venezia, dopo la tappa a Trieste la mostra riprenderà il suo viaggio in giro per l’Italia per continuare a sostenere i nostri fratelli lontani e far sentir loro che siamo più vicini che mai.

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