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Intervista ad Antonio D’Amato (magistrato): “Non possono fare tutto i magistrati. Camorre di oggi più pericolose che in passato.”

Nello speciale “Giustizia vò cercando” condotto da Samuele Ciambriello su Julie Italia (canale 19 del dtt), è stato ospite Antonio D’Amato, procuratore della Repubblica aggiunto di Santa Maria Capua Vetere.

 

Ecco una sintesi dell’intervento televisivo di D’Amato, che ha risposto a domande di interessante attualità sul tema della giustizia.

 

È entrata nella politica l’idea diffusa di delegare a voi magistrati la soluzione di tutti i problemi?

“Lei ha centrato l’argomento. E’ un momento di crisi della politica, nel senso più nobile del termine. Ci sono una serie di indizi, dove si desume che il settore della giustizia sia sempre più ricercato ai fini della risoluzione di problemi sociali. È un tema sul quale l’associazione nazionale magistrati a mio avviso dovrebbe impegnarsi di più per trasmettere questo messaggio critico al governo e al parlamento. Va da sé che non si tratta solamente di un limite come potrebbe essere facilmente dimostrato della politica di oggi, ma è un limite delle moderne democrazie. Oggi siamo di fronte ai nuovi diritti. Con le carte costituzionali che abbiamo in Europa e soprattutto quella italiana, c’è la possibilità di ricorrere al giudice a prescindere da una legge specifica che tutela determinati diritti per invocare la tutela di nuove dimensioni.”

Membro della giunta distrettuale della Associazione Nazionale Magistrati, il suo pensiero personale su come cambia il processo penale?

“Non si tratta esclusivamente di un intervento sulle intercettazioni, riducendone lo spazio. Ci sono una serie di leggi delega, per il quale il governo sarà delegato a svolgere la sua attività di produzione legislativa.  A mio avviso, questa montagna ha partorito un topolino. I problemi della giustizia penale sono rappresentati dai tempi, sono lunghi. Per ragioni strutturali, manca il personale amministrativo, manca un’adeguata formazione. Questo governo ha avuto il merito di operare una rivoluzione culturale straordinaria, con un apporto della tecnologia. Ma non basta realizzare questo obiettivo. I magistrati non possono fare tutto, essere dattilografi, cancellieri, stenografi.”

Sulla classe dei magistrati invece, che idea ha?

Sarebbe una bellissima apertura una Magistratura reclutata anche tra i meno abbienti. Nel 2006 con la riforma Mastella il concorso di magistratura ordinaria è diventato di secondo grado, cioè si può accedere soltanto dopo aver conseguito il titolo universitario completo. Inoltre dopo c’è bisogno anche di altri due anni di scuola di specializzazione o tirocinio. Infine ti dedichi alla preparazione dell’esame di abilitazione. Così facendo l’età media dei magistrati ovviamente ha avuto un’impennata, rispetto ad anni fa. Tutto questo tempo trascorso a studiare presuppone un’autonomia economica che non c’è. Sottrae alla magistratura del terzo millennio una forza importantissima.”

Codice antimafia che estende le confische e i sequestri di patrimoni nei confronti di reati contro la pubblica amministrazione. Anche qui da parte di alcuni magistrati giudizi negativi. Cosa ne pensa?

Parliamo di un disegno di legge già approvato, nel novembre 2015, da uno dei rami del parlamento. Va in una direzione. Direzione di razionalizzazione delle risorse. In primis è stata operata la scelta di rendere distrettuali i tribunali che si occupano delle misure di prevenzione, tranne il tribunale di Trapani e Santa Maria Capua Vetere. Uniche eccezioni sul territorio nazionale per le specifiche competenze. Il legislatore è stato mosso da un intento: concentrare tutto nelle mani di tribunali distrettuali, evitando che i tribunali piccoli se ne occupassero. È un fatto positivo, apre a una fase tra giurisdizione e amministrazione. Condivido la posizione del legislatore di ottimizzare questo strumento per un semplice motivo: c’è volontà di specificare le fattispecie presupposte per l’applicazione delle misure di prevenzione. Tra l’altro, è visibile un’evidente risposta alle accuse di determinatezza della Corte Europea dei diritti dell’uomo. Nella sentenza De Tommaso risalente alla primavera di quest’anno, la Corte ci aveva contestato due profili di violazione di diritti umani. Bisognava rendere percepibile il comportamento in presenza del quale puoi andare incontro ad una misura di prevenzione e prevedere anche una condotta criminale basata su una reiterazione di reati contro la pubblica amministrazione. Dove è possibile apportare miglioramenti è nel profilo tecnico, rendere riconoscibili quali sono le sanzioni a cui si va incontro. Questo affinamento delle misure di prevenzione è molto importante. Va di pari passo ad un’azione giudiziaria che potrebbe essere in sede penale non sufficientemente adeguata a contrastare le accumulazioni illecite.

Lei è un torrese d’origine, c’è la camorra e le camorre, quante camorre ci sono in questa area metropolitana?

“Le indagini e i processi da sempre hanno posto in evidenza che c’è una linea di demarcazione tra camorra cittadina e dell’hinterland. Nell’area metropolitana abbiamo assistito, dal ’94-’95, ad una camorra di bande di quartieri che cercavano di soppiantare i vecchi rapporti di egemonia. Una buona parte di queste bande ha avuto facile gioco di vecchi camorristi appartenenti all’area cutoliana. Bande che hanno fatto dell’attività di spaccio e droga il proprio centro nevralgico di interessi. Fino al 2000 su questo territorio, ci sono stati camorristi di antiche tradizioni sul contrabbando sigarette, che avevano rapporti diretti con la Svizzera e Montenegro. Attività di basso profilo, ma ad alto livello remunerativo.

Più raffinato invece, il clan dei Casalesi. Già da 25 anni hanno dimostrato di avere grossi interessi negli appalti pubblici. Basta vedere la questione dell’alta velocità e il clan Zagaria cosa è riuscito a realizzare nel periodo ’94-’96. In questa parte del territorio trovi una camorra molto più impermeabile. Complessivamente rispetto al passato si caratterizza di più per una capacità di infiltrazione nella pubblica amministrazione. Oggi è molto più facile. Questa camorra incide sul tessuto economico. E si manifesta con comportamenti sempre meno appariscenti. È la prima volta che si superano certe barriere e si inizia a capire che i reati di pubblica amministrazione sono la prima spia di camorra sul territorio.”

 

La puntata integrale dello Speciale sarà visibile stasera alle ore 21.00.

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