Sport

Italia, facci sognare! Una nazione spinge gli azzurri e vuole rivivere le notti magiche

Quando siamo alle corde sul ring, reagiamo con un gancio fulminante alla Muhammad Ali. Storicamente è così. Dopo una botta, la rivincita. Sempre. Dopo il ‘66, il ‘74, l’86… Per questo, a due giorni dal debutto mai così atteso, dopo cinque lunghissimi anni senza un grande torneo, l’entusiasmo per l’Europeo andrebbe centellinato. Ma come fare? Ormai ci siamo, con una Nazionale bella e impossibile (da nascondere). L’importante non fare gli sbruffoni: tutto quello che verrà dopo l’apocalisse russa sarà tanto di guadagnato. Tocca a noi, a Roma, all’Olimpico: Italia-Turchia per cominciare a sognare.

Domani la Nazionale prende un treno per la prima volta tutto azzurro, attraversando simbolicamente l’Italia, da Firenze allo stadio delle notti magiche. Come non ripensare agli occhi spiritati di Schillaci a Italia 90? Come non illudersi, solo un po’, dopo una striscia di 27 partite, una più convincente dell’altra, un gioco mai visto e una fame atavica dentro? Ok, è mancata la sfida con la big assoluta, ma la colpa non è nostra. L’ultima immagine in un grande torneo fa ancora male: sono stati i pianti per l’addio di Conte a Euro 2016, dopo i rigori sconclusionati nei quarti di finale con la Germania. Seguirono altre lacrime per il gelo siberiano nell’estate russa del 2018. E ora quest’Europeo. Ora facciamo piangere gli altri.

È l’Europeo più strano di sempre, al tempo del virus. Rimandato di un anno per salvare i campionati, alla fine la scelta Uefa s’è rivelata giusta. Poco più di 14mila allo stadio, 3mila turchi, invece degli 80mila di Roma per eventi così: sarà un dolore represso. Ma siamo tutti “quei” 14mila, citando Kennedy a Berlino, a cominciare dal presidente Sergio Mattarella in tribuna. Oggi gli azzurri si allenano a Coverciano — l’Italia è fatta con Locatelli, Berardi e Immobile titolari — e domani prendono il “charter” per Termini. Un Frecciarossa inedito, con i colori della Nazionale. Allenamento all’Olimpico, quindi notte al Parco dei Principi, non esclusivo ma in una bolla protettiva (e con il gruppo immunizzato). Venerdì mattina ultima seduta all’Acqua Acetosa, poi il conto alla rovescia febbrile verso il calcio d’inizio delle 21. Il mondo ci guarderà.

Prima però la cerimonia inaugurale, molto italiana, con le frecce tricolori a disegnare traiettorie spericolate sul cielo romano e il canto di Andrea Bocelli a riscaldare il cuore. Dopo Londra, che ospita la final four, Roma è la seconda città più importante del torneo: gara inaugurale, altri due match del gruppo e l’ultimo quarto di finale il 4 luglio. Dopo lo scippo del 2012, e in attesa del 2028 al quale ci candidiamo, l’Europa ce lo doveva. Giocheremo in bianco al debutto, “All Whites”, anche pantaloncini e calzettoni: è la seconda maglia, ma idealmente saremo in azzurro. La Turchia in rosso. E che ai designer non vengano mai in mente raggi cosmici e altri effetti allucinogeni: questa è la maglia di tutti dal 6 gennaio 1911, un azzurro a volte oscurato di “tenebra”, come raccontò Gianni Arpino dopo Germania 74, ma alla lunga ha portato quattro Mondiali e un Europeo.

C’è tutta l’Italia dietro a questa maglia e faranno bene a ricordarselo quei dirigenti che cancellerebbero le nazionali per disegnare un calcio show a misura unica di club. È nell’estate di Europei e Mondiali che nasce la passione dei bambini e che un Paese ritrova la voglia di abbracciarsi. Padri e figli, amici e sconosciuti. Sarà nazionalpopolare, ma chi se ne frega degli snob. È anche l’occasione per ripartire economicamente. Dopo il 2006 il Pil aumentò del 2%. Come scrive Forbes, “il tasso di crescita più alto registrato negli ultimi 17 anni”, prima delle oscillazioni da pandemia.

Non sarà come in passato: per strada, si spera, servirà moderazione, per rispetto di chi ha sofferto e di chi può ancora soffrire.Ma almeno gli stadi riaprono e non era scontato. Sarà un evento inevitabilmente più televisivo (e digitale, e su carta). Con la novità che Casa Azzurri sarà aperta per la prima volta al pubblico. Prenotandosi com’è ormai abitudine nella società postmoderna, dai vaccini al ristorante.

Tradizionalmente l’Europeo ci ha regalato meno sorrisi del Mondiale. Un solo successo, nel 1968, giusto nella finale di Roma contro la Jugoslavia (al replay). Nel 1980 lo stop in semifinale con il Belgio sempre all’Olimpico. In mezzo, però, altre due finali (perse); al golden gol con la Francia nel 2000 e l’altra, a “suon” di gol nel 2012 con la Spagna. Un torneo in teoria più facile del Mondiale e quindi più imprevedibile. Danimarca e Grecia sono lì a spiegarlo. Ma in fondo siamo outsider anche noi. Precisiamo: nessuno più di noi, dopo un Mondiale perso per strada.

Gazzetta dello Sport

Potrebbe piacerti...