Economia e Welfare

La Russia fa saltare il South Stream e porta via le sue risorse

Alla fine, pare che di South Stream non se ne farà più niente. Anni di accordi, intese, sottoscrizioni, poi arriva l’annuncio del Presidente russo, e tutto va gambe all’aria. Il futuro energetico dell’Europa, al momento, è un grosso punto interrogativo. A trarne vantaggio dovrebbe essere il Blue Stream: un solo aggettivo diverso nel nome, ma in realtà cambia tutto.

A dichiarare il ritiro della Federazione Russa dal progetto lo scorso 1 dicembre è stato proprio Vladimir Putin, in una conferenza stampa alla quale, non a caso, era presente anche il presidente turco Tayyip Erdogan. Infatti, mentre il gasdotto che avrebbe dovuto collegare la Russia all’Unione Europea non vedrà più la luce, aumenteranno invece del 20% le forniture di gas alla Turchia proprio attraverso il Blue Stream, che unisce i due Paesi passando per il Mar Nero, garantendo al vicino turco il 6% di sconto più la costruzione di un altro gasdotto che avrà la stessa capacità del South Stream, almeno secondo quelli che erano i piani originari. E l’Europa, cosa ci rimette in tutto questo?

Il principale motivo dell’annullamento del progetto potrebbero essere, come si può facilmente intuire, i dissensi tra la Russia e l’UE riguardanti la questione dell’Ucraina. È pur vero che la motivazione ufficiale fornita da Putin è la «mancanza di volontà dell’UE di sostenere il gasdotto» e i mancati permessi ad avviare la costruzione nei Paesi interessati, e che ci sono non poche difficoltà legate ai costi elevatissimi (oltre 50 miliardi di dollari). Eppure, dietro queste scuse formali si può scorgere un tentativo di rivalsa di un Paese che non ha digerito le sanzioni economiche dell’Unione. Del resto, l’aveva detto Putin che la sua risposta sarebbe stata adeguata, e siccome le questioni politiche da sempre si sbrigano sul terreno dell’economia, ognuno mette in campo ciò che può. E la Russia, da parte sua, ha una sola grande ricchezza da giocarsi, ovvero i suoi giacimenti e le materie prime che esporta in mezzo mondo, considerando che non è mai stata di in grado di avviare una vera trasformazione in senso industriale e che fatica a incoraggiare lo sviluppo delle piccole e medie imprese, e che quindi le esportazioni rappresentano praticamente la sua sola fonte di grossi guadagni. Già pochi mesi fa, la Federazione aveva stretto accordi con la Cina per la fornitura di gas: accordi economici che sembravano dire all’Europa che la Russia non aveva bisogno di lei, e che poteva cercarsi alleati anche altrove, preferibilmente in funzione anti-USA.

Chi ci guadagna, per il momento, è la Turchia, poiché se dovesse andare in porto la costruzione del nuovo gasdotto, potrebbe diventare il punto di passaggio obbligato per rifornire di gas l’Europa balcanica e meridionale. È bene sottolineare, tuttavia, che in questo confusissimo scacchiere nulla è sicuro, e ogni ipotesi ha solo carattere di previsione. Questa “guerra del gas” potrebbe forse aprire delle crepe tra gli Stati membri dell’Unione, dal momento che Ungheria, Bulgaria e Serbia vengono a perdere il loro ruolo strategico, e con il South Stream messo da parte avrebbero di che lamentarsi. Complicata resta pure la posizione dell’Italia, visto che ENI rimane socia al 20% di questa joint venture che non si sa più quale fine farà.

Inoltre, pure questa stretta di mano tra Russia e Turchia non ha solide basi. Se parliamo dell’affare che divide Russia e UE, cioè quello ucraino, c’è da dire che anche in questo caso esistono delle divergenze. La Turchia fa parte di coloro che non hanno visto di buon occhio la secessione della Crimea dall’Ucraina e la conseguente adesione alla Federazione Russa, considerando anche le proteste della minoranza tatara; allo stesso modo sulla faccenda della Siria e dell’Egitto i due non sono tanto in sintonia.

Le soluzioni, a quanto sembra, sono due: o la Turchia e gli altri Paesi dell’Europa orientale metteranno da parte i loro idealismi politici in favore delle concrete esigenze economiche, logorando dall’interno l’Unione Europea, o la Russia dovrà fare presto o tardi i conti con la difficoltà di essere completamente sola nel continente.

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