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Le elezioni spagnole: una dirompente novità

Il voto spagnolo ha sancito la scomparsa del tradizionale bipartitismo. Come dice “El Paìs” di  oggi: “Las mayorìas se tratan no se ganan”. Da oggi in poi le maggioranze si contrattano, non si vincono. È dunque il tempo dei negoziatori, non dei leader. Questa condizione restituisce importanza alle strutture di partito che debbono essere in condizione di affrontare situazioni molto diversificate. Sono molte le differenze e le analogie con l’Italia. Fino alle ultime elezioni PP e PSOE rappresentavano il 65% dell’elettorato, oggi arrivano a stento al 50%. Le estreme di destra e sinistra sono letteralmente sparite. Il  movimento dei Ciudadanos ha risultai inferiori a quelli previsti e Podemos diventa l’ago della bilancia raccogliendo sia i voti dei giovani che quelli dei delusi di sinistra e di destra. Lo hanno dimostrato i risultati della Comunidad Autònoma (organismo simile alla nostra Regione) di Andalusia in cui il risultato di Podemos è frutto di un massiccio ingresso di voti ex PP, come dimostra una attenta analisi dei flussi elettorali. Sembrerebbe facile l’analogia con M5S ma è una facilità ingannevole. Podemos, dimostrandosi molto pragmatico, ha subito accettato le convergenze col PSOE in tutte le realtà in cui i loro voti erano necessari per il cambio di maggioranza. È proprio grazie a questo realismo che Madrid sarà governata da una maggioranza alternativa e che il PP perde l’amministrazione dopo 24 anni.

È grazie a questo accordo che l’ “Alcalde de l’Ayuntamento”  di Madrid sarà la Carmona e non la candidata del PP. “El Paìs”, per la firma di Gutièrrez-Rabì, sostiene che è giunto il momento degli umili e dei flessibili e non degli arroganti. La lezione che viene dalla Spagna è una lezione di pragmatismo e di realismo politico che marca una profonda differenza  fra “Podemos” e movimenti che in Italia pensano di somigliargli. Vedo molta euforia nella nostra estrema  sinistra e nel M5S. Mi dispiace ma sbagliano. Podemos è alternativo  ma dotato di senso politico e preferisce accordarsi col PSOE per estromettere il PP. In Italia, invece, arrivano al punto di augurarsi (e lavorare) per una sconfitta del PD alle Regionali nell’ottica, miope, del “tanto peggio, tanto meglio”.

In Campania, ad esempio, abbiamo una certezza: la giunta Caldoro ha rovinato la Regione. Sanità e trasporti  sono i paradigmi di questa rovina. Il cambiamento possibile, perché tale è la situazione, può venire solo da una giunta De Luca. Le regole del gioco, non prevedendo ballottaggio, sono chiare: si sceglie a prima botta. In queste condizioni M5S si rinchiude nel recinto della sua pretesa “purezza” e l’estrema sinistra, pur sapendo che la sua piccola percentuale  potrebbe rendere possibile la vittoria di Caldoro, lavora alacremente  contro l’opzione del PD e dei suoi alleati  contro i quali rivolge il 90% delle sue polemiche senza MAI attaccare  le insufficienze e gli errori di Caldoro.

Per i nostri amici e compagni sarebbe opportuna qualche lezione di spagnolo. La politica, dice la Spagna, si fa trattando e costruendo accordi quando sparisce per le forze politiche la possibilità di governare da sole: Las Mayorìas se tratan no se ganan. Se ci ricordassimo di questo semplice principio in tempi di tramonto del bipartitismo non sarebbe male perché, come dice l’articolista citato, un ampliamento della rappresentatività non può andare a detrimento della governabilità.

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