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L’umiltà di Renzi: pratica di virtù

Umiltà: parola che fino a qualche ora fa sembrava essere scomparsa.

Per sapere cosa significasse bisognava prendere il vocabolario dove si leggeva di un comportamento desueto adottato, ormai, solo dai perdenti. Oggi chi ha vinto parla e, soprattutto, pratica la pacatezza.

Durante la conferenza stampa di oggi Renzi ha usato, più del solito, un fair play  che nessun altro vincitore avrebbe sfoderato come arma vincente. Usando toni bassi ha invitato anche gli altri ad abbassare i toni e ad alzare l’attenzione sul da farsi.

Ha promesso umiltà.

Umiltà che non significa incertezza, anzi.

Umiltà che non significa lentezza, anzi.

Umiltà che significa ritorno alla politica come servizio.

Gli italiani, popolo giammai rivoluzionario, forse ne aveva nostalgia.

Gli italiani, popolo non più solo stanco ma tramortito da proclami urlati a suon di offese e di minacce, desiderava fatti non parole, men che mai  parolacce. Gli italiani, ora si dice, venduti per 80 euro. Gli italiani sentitisi presi in considerazione anche solo con 80 euro, correggo.

Gli italiani sviliti da anni di programmi televisivi dove la cultura è solo cultura gastronomica o populista con l’accanimento per i reality forse hanno esultato sentendo parlare di cultura, quella vera.

Quella che si trasmette a scuola dove strutture fatiscenti contribuiscono a demotivare i nostri giovani e che è stata una priorità fin dai primi giorni di governo con lo stanziamento di fondi per la ristrutturazione delle scuole.

Quella vera cultura che ora ritornerà protagonista nell’agenda di governo. E nell’agenda di governo , ha promesso, il terzo settore sarà primo vero settore, motore trainante per dirla con le sue parole di stamane.

Questo è l’inizio e , come si dice, il buongiorno si vede dal mattino.

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