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MITI E TRADIZIONI DI NAPOLI : STORIA DI SAN GENNARO , SANTO PATRONO DI NAPOLI

Fra i santi dell’antichità , San Gennaro è certamente uno dei più venerati dai fedeli , in particolare  da quelli  napoletani,e per questo  il suo culto, accompagnato periodicamente dal misterioso prodigio della liquefazione del suo sangue, lo rende una figura unica per la religione napoletana .Gennaro nacque a Napoli, nella seconda metà del III secolo, e fu eletto vescovo di Benevento, dove svolse il suo apostolato, amato dalla comunità cristiana e rispettato anche dai pagani. La vicenda del suo martirio si inserisce nel contesto delle persecuzioni anti cristiane di Diocleziano. Assai diffuso in Campania e anche nel Sud Italia, risale al latino “Ianuarius” derivato da “Ianus”’ (Giano) il dio bifronte delle chiavi del cielo, dell’inizio dell’anno e del passaggio delle porte e delle case. Il nome era in genere attribuito ai bambini nati nel mese di gennaio “Ianuarius”, undicesimo mese dell’anno secondo il calendario romano, ma il primo dopo la riforma del II secolo d.C. Gennaro appartenne alla gens Ianuaria, perché Ianuarius che significa “consacrato al dio Ianus” non era il suo nome, che non ci è pervenuto, ma il gentilizio corrispondente al nostro cognome. Le principali fonti cui si attinge per conoscere la sua storia sono gli Atti Bolognesi e gli Atti Vaticani. Il fatto che portò alla consacrazione del Santo sarebbe avvenuto all’inizio del IV secolo, durante la persecuzione dei cristiani ad opera dell’imperatore Diocleziano. Allora Gennaro era Vescovo di Benevento e si recò insieme al lettore Desiderio e al diacono Festo in visita ai fedeli a Pozzuoli. Sossio, diacono di Miseno, già amico di Gennaro che in passato era venuto a trovarlo proprio a Miseno per discutere con lui di fede e leggi divine, che voleva recarsi ad assistere alla visita pastorale, venne invece arrestato per ordine del persecutore Dragonzio, allora governatore della Campania. Gennaro, Festo e Desiderio si recarono a far visita al prigioniero ma, avendo intercesso per la sua liberazione e avendo fatto professione di fede cristiana, furono anch’essi arrestati e condannati da Dragonzio ad essere sbranati dagli orsi nell’Anfiteatro di Pozzuoli. Ma il giorno dopo il supplizio, per assenza del governatore, impegnato altrove, venne sospeso. Allora Dragonzio comandò che a Gennaro e ai suoi compagni venisse troncata la testa. Condotti nei pressi del Forum Vulcani (l’attuale Solfatara di Pozzuoli), essi furono decapitati nell’anno 305. Il corpo di San Gennaro venne sepolto nelle catacombe napoletane di Capodimonte, dopo essere rimasto per poco più di 100 anni in un altro luogo: l’Agro Marciano. Presso le catacombe cominciò la venerazione popolare delle ossa del Santo che acquistò, progressivamente, il ruolo di grande protettore della città. Il culto venne però turbato da avvenimenti clamorosi, come il trafugamento ad opera del duca longobardo Sicone del corpo del Santo, dopo averlo sottratto alla sua nicchia, nella citta di Benevento, di cui Gennaro era stato Vescovo. Per 325 anni le ossa restarono a Benevento, per poi essere trasportate nel rifugio sicuro del Santuario di Montevergine dove, già da allora, si venerava l’icona di “Mamma Schiavona”, la Madonna di Montevergine. Dopo molti anni, nel 1480, le reliquie del Santo, di cui si era perduta memoria, furono ritrovate nel Santuario di Montevergine sotto l’altare maggiore, per merito del cardinale Giovanni di Aragona, e questo fatto stimolo, nei napoletani, il desiderio di riavere il corpo del Santo. Ci vollero 17 anni affinchè le reliquie potessero tornare a Napoli… grazie alla famiglia dei Carafa che si impegnò, soprattutto per l’interessamento del cardinale Oliviero e con il sostegno di suo fratello, l’arcivescovo napoletano Alessandro Carafa, affinchè le reliquie tornassero a Napoli. Ciò avvenne nel 1497, nonostante l’opposizione dei monaci di Montevergine. Il cardinale Oliviero Carafa, per ospitarle degnamente, fece costruire nel Duomo di Napoli, al di sotto dell’altare maggiore, una cripta d’eccezione in puro stile rinascimentale: la Cappella del Succorpo. A Napoli si successero le dominazioni di Normanni, Svevi, Angioini, del ramo durazzesco dei d’Angiò e nonostante ciò il culto del Santo rimase un punto fermo per la città; anzi, gli stessi regnanti mostrarono grande ossequio e venerazione per San Gennaro. Fu il re Carlo II d’Angiò a disporre la realizzazione del busto d’oro e argento che custodisce le ossa del cranio, mentre Roberto d’Angiò volle la teca, in argento, in cui conservare le ampolline con il sangue.La data del primo miracolo storicamente accertato del Santo è il 17 agosto 1389. Il Chronicon Siculum racconta che durante i festeggiamenti per la festa dell’Assunta, in cui peraltro si attendeva l’arrivo di notabili provenienti da Avignone, vi fu l’esposizione pubblica delle ampolle contenenti il sangue del Santo. Fu allora che accadde qualcosa di inimmaginabile: il sangue tutto d’un tratto da solido divenne liquido, “come se fosse sgorgato quel giorno stesso dal corpo del Santo”. Col tempo il miracolo divenne ripetitivo, concentrandosi in tre date: il sabato che precede la prima domenica di maggio, il 19 settembre e il 16 dicembre. Se la totale mancanza di miracolo è un segno infausto, lo è altrettanto una liquefazione troppo rapida. Preferibile è che la liquefazione avvenga dopo pochi minuti di preghiere, ma un ritardo non si è mai rivelato particolarmente pericoloso nei casi in cui non ha superato le tre ore.

 

 

 

 

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