Cultura

Premio Strega 2015: un’edizione all’insegna del cambiamento

Sin dalla sua istituzione, avvenuta nel 1947 all’interno del salotto letterario di Maria e Goffredo Bellonci a Roma, il Premio Strega è sempre stato il riconoscimento più ambito dagli scrittori italiani. Dal 1986 è organizzato e gestito dalla Fondazione Bellonci con il contributo dell’omonima casa produttrice del famoso liquore.

Alcune opere vincitrici del Premio Strega sono diventate veri e propri pilastri della letteratura italiana: basti pensare a “Il nome della rosa” di Umberto Eco o a “Il Gattopardo” di Giuseppe Tomasi di Lampedusa.

Importanti novità caratterizzano l’edizione del 2015. Ne abbiamo parlato con Stefano Petrocchi, direttore della Fondazione Bellonci e autore del testo “La Polveriera”.

Nuovo meccanismo di voto, salvaguardia dei piccoli e medi editori, spazio agli autori stranieri che scrivono in italiano. Sono questi i cambiamenti che investiranno l’edizione del 2015 del Premio Strega. Di cosa si tratta nello specifico?

«Alcune delle innovazioni da lei ricordate facevano già parte della prassi del Premio. Gli altri cambiamenti del regolamento modificano invece nella sostanza il meccanismo della prima votazione, quella che elegge la cinquina dei finalisti. In breve, i giurati del premio dovranno assegnare tre voti, non più uno solo. Inoltre, se al termine dello scrutinio fra i primi cinque non sarà compreso un libro pubblicato da un editore di piccole o medie dimensioni, accederà di diritto alla seconda votazione quello che avrà ottenuto più voti, dando luogo a una finale a sei candidati».

 

Pluralità, Bibliodiversità e Accoglienza: tre parole per siglare questi importanti cambiamenti per il Premio più ambito dagli scrittori…

«Molti editori medio-piccoli svolgono una funzione importante scoprendo nuovi talenti e promuovendo la letteratura di ricerca, spesso con risultati apprezzabili anche in termini di copie vendute. È una delle caratteristiche più spiccate del mercato editoriale italiano. Vale la pena valorizzarla offrendo loro l’opportunità di un’arena prestigiosa come quella dello Strega anche nell’atto conclusivo della manifestazione».

 

La clausola di salvaguardia per la presenza, nella “cinquina”, di piccoli e medi editori rappresenta una vera svolta. Come hanno accolto la notizia gli editori che ogni anno, con fatica, cercano di portare a casa un risultato soddisfacente?

«In modo largamente positivo. Bisogna tener conto del fatto che nelle ultime tre edizioni del premio Strega i libri pubblicati da editori medio-piccoli sono rimasti fuori dalla Cinquina».

 

Serena Dandini e Roberto Saviano hanno sostenuto la candidatura dell’autrice-fantasma Elena Ferrante. Ci sono state complicazioni per questa candidatura così particolare?

«Elena Ferrante ha concorso allo Strega anche nel 1992, quando esordì con il romanzo “L’amore molesto”. Fra l’altro quell’anno il premio lo vinse Vincenzo Consolo, non Domenico Rea come è stato erroneamente ricordato. In ogni caso, non vi furono problemi di carattere formale allora come non ce ne sono stati oggi. Lo Strega è un riconoscimento che si assegna al libro, poco importa la presenza fisica e l’identità dell’autore».

 

Nel Suo romanzo, “La Polveriera”, Lei ripercorre la storia del Premio Strega. Come è nata l’idea di scrivere un romanzo sul più ambito e discusso premio letterario italiano?

«Volevo raccontare soprattutto gli anni di Anna Maria Rimoaldi, l’amica ed erede della fondatrice Maria Bellonci che portò avanti lo Strega con la sua capacità organizzativa e la sua forte personalità dal 1986 al 2007. Con lei ho cominciato a lavorare alla manifestazione appassionandomi alle sue vicende. Allo stesso tempo volevo riallacciare il filo di alcune dinamiche culturali che da sempre infiammano la vita del premio. Non a caso ho scelto come titolo “La Polveriera”, che è una definizione data dalla stessa Bellonci alla sua “creatura”. Fra l’altro, guardare alla storia del premio è anche un modo per ripercorrere l’evoluzione della società italiana dal secondo dopoguerra ad oggi: lo Strega è uno specchio della vita non solo culturale di questo Paese».

 

La Sua scelta di pubblicare con la casa editrice Mondadori, la cui partecipazione al Premio Strega è spesso investita da polemiche, è stata oggetto di critiche?

«Alcune delle polemiche a cui si riferisce le ho raccontate senza reticenze proprio nel mio libro. Spesso nei premi c’è una casa editrice capace di imporsi per numero di vittorie sulle altre. In Italia, allo Strega come pure al Campiello, è la Mondadori. In Francia, al premio Goncourt, è Gallimard. Ho proposto il mio libro alla casa editrice di Segrate perché ha una struttura eccellente con cui in passato ho collaborato spesso alla riedizione di varie opere di Maria Bellonci (una delle quali proprio dedicata allo Strega)».

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