Cultura

Questioni di sangue, il giallo napoletano

Questioni di sangue” è la storia di due figli di Napoli, due fratelli che, a causa di disagi familiari, vengono divisi e finiscono per intraprendere due strade molto diverse: uno diventa prete e l’altro boss del quartiere. Si ritroveranno in una vicenda in cui il prete sarà chiamato a indagare. «Io sono convinta che il libero arbitrio sia qualcosa di relativo» dice la scrittrice, spiegando come, secondo lei, molto sia dovuto alle condizioni, alle situazioni. «Non c’è bugia più grande del libero arbitrio» dirà una prostituta al prete nel corso del libro. Un ritornello che ricorrerà in tutto il romanzo: «Non è vero che possiamo scegliere. Lo possono fare solo i ricchi. Tutti gli altri si tengono la vita che gli capita». “Questioni di sangue” è un romanzo che punta a rimarcare come due uomini molto simili di carattere finiscano per scegliere strade opposte ed estreme. I protagonisti scelti sono fratelli proprio a sottolineare un’uguaglianza che si fa diversità. «Le persone scelgono tra quello che conoscono» dice giustamente Annavera Viva, evidenziando come, proprio la consapevolezza di questo limite dell’essere umano conduca alla strada della risoluzione: permettere, a chi normalmente non ne ha la possibilità, di conoscere le strade positive.

“Questioni di Sangue” è un giallo napoletano ambientato nella Sanità, edito da Homo Scrivens e presentato lo scorso 2 aprile al Palazzo Alabardieri di Napoli. È un romanzo esordio ma ha già riscosso molti plausi tant’è che sarà presente al Salone di Torino il 9 maggio 2015. Annavera è originaria di Lecce ma vive a Napoli da talmente tanti anni da esserne diventata una “figlia adottiva”. L’incontro con la Sanità è avvenuto casualmente – ci spiega- e subito le ha dato tanto, divenendo per lei il quartiere più amato.

Questioni di sangue è storia di un delitto che intriga e affascina, con una scorrevolezza a cui detta il tempo una serie di fatti, di “inciuci” di quartiere, vissuti attraverso gli occhi e le orecchie di un prete dalla corporatura robusta, un religioso aiutato nelle sue indagini da una perpetua napoletana, una pelle ispida compensata dalla sagacia, e da quella curiosità che – ci tiene a precisare lei – non è pettegola, perché non sparla per odio ma ama i fatti della gente.

Un inedito Don Raffaè che stavolta è il nome del buono ma che è comunque legato irrimediabilmente, per genetica, per sangue, a un camorrista, al boss del quartiere, Peppino Annunziata. Questione di sangue è la storia di due fratelli che sono i due volti della società, così distanti nelle strade intraprese, eppur irrimediabilmente legati da un che di viscerale, da un moto sotterraneo e verace dell’animo, un amore senza ragioni, e che spesso non trova parola per esprimersi. Una diversità in cui loro sono tuttavia molto simili, posseggono lo stesso carattere ma lo hanno plasmato in modo differente, da quel drammatico momento che li ha visti separati da un assistente sociale. Torna alla mente il carattere Karamazov di cui parlava Dostoevskij, così difficile da estirpare, tramandato di padre in figlio, un cognome che è un destino, un modo d’essere che continua a tormentare e angosciare persino l’uomo di Chiesa che ha scelto per sé una strada differente.

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