Officina delle idee

VITA E MORTE DI UN FRATELLO ROM

Un mercoledì sera, mentre partecipavo alla preghiera di Taizé presso CasArcobaleno a Scampia, sono stato telefonicamente pregato da un’amica Rom del vicino Campo nomadi di raggiungerla urgentemente presso la nostra chiesa S. Maria della Speranza” perché c’era stato un lutto in famiglia. La trovo con il marito e mi racconta che è deceduto in pochi giorni il fratello trentasettenne del marito, che era stato ricoverato per una forte febbre, e nell’oscurità della notte mi dice che il marito si vuole confessare. È addolorato per questa morte perché da anni non parlava con il fratello. Raccolgo questa confessione notturna, e li invito il mattino dopo per una preghiera davanti al crocifisso della nostra Chiesa. Riporto questo episodio perché dalle conversazioni è emersa la vita travagliata, direi perduta, di questo fratello Rom.
Al di là della pena per questa morte quasi improvvisa, la preoccupazione della famiglia e dei parenti era di poter celebrare presto il funerale del defunto all’obitorio secondo la tradizione e con la mia partecipazione, perché da un colloquio con l’assistente sociale era emerso che per poter seppellire il loro parente occorreva un permesso di seppellimento dell’ambasciata di Serbia. Una settimana dopo alle 8 del mattino mi chiamano per andare con loro a celebrare il funerale, reso possibile da una raccolta di denaro fatta nel campo. Non ho riscontrato eccessive manifestazioni di dolore, soprattutto la preoccupazione di rendere omaggio al corpo del defunto secondo la tradizione (vestizione), mentre pregavo secondo il rito di celebrazione del funerale nella cappella dell’obitorio. Solo alla fine, nel cimitero, scoppia il pianto di una figlia piccola, e sul terreno che ricopre la tomba, non solo vengono deposti fiori e lumini ma anche sparso vino rosso. Alla fine viene collocata una croce di legno.
Poco ho raccolto dalle conversazioni con i miei amici Rom su questo loro familiare. In un primo tempo mi dicono che viveva quasi come un barbone, dormiva dove capitava, perché separato dalla moglie residente a Roma con due figli. Successivamente mi viene presentato come un prepotente che aveva compiuto un grave torto al fratello, il quale dopo aver tagliato ogni ponte, al momento della morte si rende conto di non aver agito bene e si preoccupa di organizzare il funerale come si deve. In una situazione di abbandono ci si può incattivire, e fare del male a sé e agli altri. Una vita spezzata, ferita e che ferisce nel microcosmo di un campo, divisioni ma anche solidarietà al momento della morte, mi veniva da pensare ad una vita “perduta” anche per l’indifferenza circostante.
Non a caso ho letto nella celebrazione del funerale il brano del vangelo di Luca sulla crocifissione, con l’invocazione di uno dei malfattori crocifissi che riconosce: “Riceviamo ciò che abbiamo meritato con le nostre azioni; ma costui nulla ha fatto di male. E aggiunse: Gesù ricordati di me quando verrai nella tua dignità regale. Gesù gli rispose: In verità ti dico, oggi sarai con me in paradiso” (Lc, 41-43). Anche sulla tomba di questo fratello Rom è stata posta la croce di Cristo, che accoglie il malfattore pentito, ed è uno squarcio di verità sul percorso di vita di ogni umano e sulla misericordia divina redentrice di Cristo che non condanna ma accoglie chi ritorna su sé stesso.

Potrebbe piacerti...