CIAMBRIELLO:PRIMO MAGGIO,FESTA DELLA MEMORIA DEL LAVORO. C’E’ ESASPERAZIONE INDIVIDUALE E COLLETTIVA.

Il lavoro prima di tutto.In questo 1° maggio, San Giuseppe lavoratore e festa del lavoro, la pandemia ci porta a riflettere che nella sola Unione Europea si rischiano di perdere milioni di posti. Nel terzo trimestre il Prodotto Interno Lordo (PIL) dell’Eurozona è calato del 3,8%. Mai avremmo voluto e pensato di celebrare questa festa del Lavoro 2020 in una condizione drammatica, in piena emergenza. Primo maggio, non festa del lavoro, ma della memoria del lavoro! Chi parla più di disoccupati, esodati, cassintegrati e precari.Costruire un’economia diversa non solo è possibile, ma è l’unica via che abbiamo per salvarci e per essere all’altezza del nostro compito nel mondo.

Dobbiamo riconoscere che proprio in questi giorni di Covid19, abbiamo visto non solo la solidità, ma anche la solidarieta di cui siamo capaci. Il lavoro, la competenza e la dedizione di lavoratori e lavoratrici nel campo della sanità e dell’ assistenza, della cura e della protezione, della sicurezza sociale in tutti i suoi aspetti, della scuola e della produzione, non sono semplicemente una parentesi da ascrivere ad un’emergenza non misurabile e neppure la risposta dovuta a bisogni essenziali, ma anche e soprattutto la testimonianza di un interiore convincimento, che si ê rivelato in maniera limpida e degna di ogni ammirazione.

L’emergenza, seguita alla diffusione del Covid-19, sta colpendo duramente le tante realtà produttive costrette a chiudere, speriamo solo momentaneamente, ma comunque fortemente penalizzate dal fermo forzato delle attività”. Lo scrive mons. Giovanni Intini, vescovo di Tricarico, nella sua lettera alla diocesi in occasione del 1° maggio.

Senza allarmismi,senza manovre tattiche,senza ping pong sulle responsabilità, siamo tutti coscienti che è l’occupazione, ed il lavoro dei giovani in particolare, l’emergenza più importante da affrontare. Qui ed ora, sempre.

Nel messaggio per la giornata del primo maggio alcuni  Vescovi italiani scrivono:” la strada è ancora lunga perchè  l’Italia è stata per troppo tempo ferma:è giunto il momento di ricominciare a camminare,nessuno escluso.” I vescovi italiani nei loro messaggi,che sono uno stimolo per tutti, politica e sindacati, ci ricordano che il lavoro deve essere espressione di dignità e deve tornare ad essere un luogo umanizzante. In un mondo complesso come il nostro, il cambiamento non nasce con un atto d’imperio. Infatti, i rappresentanti delle istituzioni, anche quando sono animati dalle migliori intenzioni, si muovono in uno spazio pieno di limiti e vincoli e dipendono in modo cruciale da consenso e scelte dei cittadini e dai comportamenti delle imprese.

L’emergenza sanitaria – scrive il card. Crescenzio Sepe – ha portato con sé una nuova emergenza economica. L’interruzione di tante attività produttive e commerciali rischia di mettere in ginocchio e di far sparire tante aziende, con gravissima ripercussione sulla occupazione. Gli imprenditori, che in questi anni hanno fatto non pochi sforzi per superare la crisi e creare lavoro, oggi si trovano sulle spalle ingenti debiti e grandi punti interrogativi circa il futuro delle loro aziende. Nulla sarà come prima per i settori che sono andati in sofferenza e vivono l’incertezza del domani: nel nostro territorio, dal turismo alla ristorazione, dal mondo della cooperazione e del Terzo settore alla filiera dell’agricoltura, dalla cultura alle fiere e ai mercati.”

Siamo tutti preoccupati:Dignità,diritti,salute finiscono in secondo piano.Si tratta di una deriva preoccupante messa in moto dal perdurare di una crisi economica stabilmente severa.L’Italia non sprechi il talento dei giovani .

L’emergenza occupazionale è il principale problema del nostro Paese,su cui bisognerebbe concentrarsi in uno sforzo comune, sapendo che c’è una interdipendenza culturale ed economica Nord-Sud.  Il Meridione è una terra che nel corso dei decenni ha subito un depauperamento economico e sociale tale da trasformare queste Regioni in una seconda Italia,povera,sofferente e sempre più in fragilita.  Ricordo l’emigrazione di 700mila persone che nell’ultimo decennio hanno lasciato a malincuore le terre del Sud.

Non è un caso che le mafie abbiano spostato gli affari più redditizi nelle Regioni del Nord,dove la ricchezza da accaparrare è maggiore.

Come reagire,tutti,rispetto a queste osservazioni e conti senza futuro?L’emergenza seguita alla diffusione del Covid-19 ci sta insegnando che le vicende dell’esistenza rimescolano le carte a volte in maniera improvvisa, rivelando la nostra realtà più fragile. Ci ha fatto comprendere quanto è importante la solidarietà, l’interdipendenza e la capacità di fare squadra per essere più forti di fronte a rischi ed avversità.

Il dato prevalente è che il lavoro in Italia manca e si tratta di una deriva preoccupante.

 

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