Rapporto Censis: l’Italia soffre di “mal di futuro”. Un Paese,in ripresa lenta, diviso tra “coccole di massa” e “rancore”

Non è più lo zero virgola, il nostro Paese sta vivendo “una vigorosa ripresa congiunturale, eppure  non abbiamo ancora voltato pagina,l’Italia soffre di “mal di futuro”. Un Paese diviso tra “coccole di massa” e “rancore”.La ripresa c’è e l’industria va, ma il blocco della mobilità sociale crea nuovo disagio. Manca un’agenda sociale condivisa e così avanzano populismo e sovranismo . Nel 51° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese, emerge il profilo di una società che “ha macinato sviluppo” – e gli indicatori dell’economia stanno a dimostrarlo – ma che “nel suo complesso è impreparata al futuro”. L’immagine che, come in ogni edizione del Rapporto, sintetizza in un flash il senso dell’analisi, quest’anno è “il futuro si è incollato al presente”.

Le ferite iniziano a guarire, ma rimangono profonde, i segno positivi sono indubbi nell’ultimo biennio. E se manca “lo spazio che separa il presente dal futuro”, quello spazio che è “il luogo della crescita”, il prezzo che la società italiana paga “è proprio il consumo, senza sostituzione, di quella passione per il futuro che esorta, sospinge, sprona ad affrettarsi, senza volgersi indietro”. Nel presente si moltiplicano segnali importanti di vitalità, ma il Paese non riesce a fare sistema e questo gli impedisce di proiettarsi verso il futuro. La società italiana appare al Censis “sconnessa, disintermediata, a scarsa capacità di interazione, a granuli via via più fini”. Manca un “ordine sistemico”, si sono “disarticolate le giunture che uniscono le varie componenti sociali”, si è fatto “sviluppo senza espansione economica” e anche “la ripresa registrata negli ultimi mesi sembra indicare, più che l’avvio di un nuovo ciclo di sviluppo, il completamento del precedente”.

Un’Italia dei rancori, di chi si sente escluso, ci balza incontro dalle pagine del Rapporto Censis, stanca, arrabbiata e divisa, e i pochi giovani temono il futuro. E’ l’83% la percentuale di chi pensa sia difficile salire sulla scala sociale. In fuga dalla politica l’84&, la quota di chi non crede nei partiti, ma è alta la sfiducia anche verso governo ed enti locali.Le responsabilità della classe dirigente sono evidenti. “I gruppi sociali e i singoli individui – afferma il Rapporto – hanno bisogno di immaginare il futuro, di riconoscersi in cammino verso un miglioramento delle proprie condizioni economiche e sociali”. Invece “i decisori pubblici sono rimasti intrappolati nel brevissimo periodo”, la politica “ha mostrato il fiato corto, nell’incessante inseguimento di un quotidiano ‘mi piace’, nella personale verticalizzazione della presenza mediatica”.

L’altra faccia della medaglia delle “coccole di massa” sono 1,6 milioni di famiglie e 4,7 milioni di persone che nel 2016 si trovavano in povertà assoluta, con un incremento esponenziale rispetto al periodo pre-crisi: +96,7% e +165%. La causa principale è la disoccupazione: tra le persone in cerca di lavoro è in povertà assoluta il 23,2%. I gruppi maggiormente colpiti sono i minori e le famiglie con tre o più figli, ma il Censis evidenzia anche “un altro trend il cui potenziale sviluppo può avere gravi implicazioni nel futuro: l’etnicizzazione della povertà assoluta”, il suo espandersi accelerato tra le famiglie straniere. Ma proprio gli immigrati sono stati finora l’unico “antidoto allo spopolamento”, a quello che il Rapporto definisce il “rimpicciolimento” di un Paese che si scopre sempre più vecchio (gli over 64 sono il 22,3% della popolazione).

Altro dato, l’immaginario collettivo, ovvero quell’insieme di valori e simboli in grado di plasmare le aspirazioni individuali e i percorsi esistenziali di ciascuno, quindi di definire un’agenda sociale condivisa. Anche su questo fronte si è persa gran parte della forza propulsiva. «Nell’Italia del miracolo economico il ciclo espansivo era accompagnato da miti positivi che fungevano da motore alla crescita economica e identitaria della nazione» è scritto ancora nel rapporto Censis. Adesso, invece, «nelle fasce d’età più giovani (gli under 30) i vecchi miti appaiono consumati e stinti, soppiantati dalle nuove icone della contemporaneità». Nella mappa del nuovo immaginario i social network si posizionano al primo posto (32,7%), poi resiste il mito del «posto fisso» (29,9%), però seguito a breve dallo smartphone (26,9%), dalla cura del corpo (i tatuaggi e la chirurgia estetica: 23,1%) e dal selfie (21,6%), prima della casa di proprietà (17,9%), del buon titolo di studio come strumento per accedere ai processi di ascesa sociale (14,9%) e dell’automobile nuova come oggetto del desiderio (7,4%).

Mal di futuro. È questa la sindrome che affligge la società italiana secondo il Censis.

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