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“IL RACCONTO DELLA FELICITÀ”, PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI MARGHERITA VINCI IN CONSIGLIO REGIONALE, PER CERCARE DI INTEGRARE LE ISTITUZIONI CON L’ESCLUSIONE

Le parole del titolo riprendono il senso di quanto ha detto Antonio Acerra, Direttore del Dipartimento Salute Mentale dell’Asl di Avelllino, nell’incontro che si è tenuto oggi nella sede del Consiglio regionale della Campania per presentare il libro di Margherita Vinci, Il racconto della felicità. Un libro che è una strada verso la guarigione, che è come la parola che cura, così come è stato definito da coloro che hanno preso parte all’evento. «Il lavoro di inclusione  ha detto – ancora non avviene, ecco perché simbolicamente questo incontro dà l’avvio ad un percorso istituzionale ma anche sociale di inclusione nella società.»

«Volevo raccontare com’è venuta fuori la storia del libro – ha dichiarato, in apertura, il presidente del Consiglio Rosetta D’Amelio – sono andata visitare una casa famiglia, un luogo di accoglienza per persone con disagio psicologico. Lì si mettevano in evidenza tante doti, tante capacità, e tra queste persone ho conosciuto Margherita che ha suonato la chitarra e ha cantato una canzone meravigliosa. Margherita mi ha raccontato che non solo scriveva canzoni, ma che aveva anche scritto delle cose, e avrebbe avuto piacere che queste cose fossero divulgate.

Sono rimasta colpita da quello che ha scritto, non solo perché è in un italiano perfetto, ma soprattutto dal racconto della sua storia, di come lei vive il suo passaggio attraverso il rapporto con la famiglia e con gli operatori, con momenti di sofferenza ma anche con la capacità di affermare tante cose belle, come quelle che ha detto in questo libro.

Abbiamo deciso di fare questo regalo a Margherita, e mi è piaciuto farlo in un altro luogo di sofferenza dove devono essere presenti l’integrazione e la capacità di accogliere, il carcere di Sant’Angelo dei Lombardi, l’unico in Italia in cui vi sia una tipografia. Mi è sembrato giusto presentarlo poi in una sede istituzionale, che ha il dovere di interrogarsi su dove interveniamo, sulla sanità, sull’accoglienza, e questo libro dà una mano alle istituzioni perché possano porsi delle domande. Spero che l’operazione che si fa oggi faccia riflettere molti su come si possa ricevere tanto dalle persone che hanno provato sofferenza.»

«Questo rappresenta un momento autentico di espressione di quel che noi veramente siamo, oltre la malattia, oltre il disturbo continua poi Antonio Acerra – Io credo che l’individuo abbia dei diritti, tra i quali quello all’espressione è fondamentale, perché alcune volte il disturbo impedisce tale momento. Margherita, con il suo libro, ci introduce a questo tema, all’attenzione alla persona e alle sue qualità, che sta a noi “tecnici” fare in modo che vengano fuori. È evidente che ciò che viene fuori da questo libro è l’animo di Margherita, e tutto questo è possibile riscoprirlo in ognuno, seguendo quelle che possono essere le loro traiettorie» e prosegue col sottolineare con Margherita Vinci sia stata «bravissima perché non ha parlato della sofferenza, ma del modo di uscire dalla sofferenza».

L’autrice in persona è intervenuta nelcorso del dialogo moderato da Raffaella Leveque: «Quando ho cominciato a scrivere questo libro, è stat come un’esperienza che tutti facciamo nella nostra vita, quando siamo tra le mura di casa, e proviamo il desiderio di costruire una piccola opera, anche solo un lavoro all’uncinetto. La carta e la penna per me sono state come l’uncinetto, e l’esperienza è stata il filo con cui scrivere il libro. Ho voluto raccogliere il bello di alcune esperienze, tristi o felici che siano, di quello che ci fa capire la vita. Quando ci si ritrova in una campagna abbandonata, e poi si scorge un piccolo angolo, con un ruscello e dei fiori, è come un sole che ci illumina: l’esperienza di comunità è stata come prendere una tavolozza e una tela e dipingere questo angolo, e portarselo con sé.»

Maria Giovanna Castelliti, coordinatrice della nuova Casa Alloggio “Casa Capuani” di Paternopoli (AV), parla di una Margherita che «Margherita intaglia il legno, suona la chitarra, sa dipingere, scrive, e ha tante abilità. A noi piace condividerle, insieme a tutto quello che facciamo». Aggiunge poi la piacevole sensazione che si prova nel leggere e apprezzare le «bellissime le immagini che Margherita utilizza, come quando dice che “il malato psichiatrico è come chiuso in una noce, ma la noce si apre solo se c’è qualcuno che schiaccia”. Questo compito ovviamente è affidato agli altri, il che vuol dire che non si può uscire da un disagio psicologico se non c’è qualcuno che ci aiuti a uscirne».

La scrittrice Luisa Cavaliere, invece, parte dal libro per gettare uno sguardo sulla sanità in Italia e nel Mezzogiorno: «Non c’è niente di politicamente normale nel racconto di Margherita. La sanità in Italia non è normale, è come se fosse in contrasto, piena di ombre. Io credo che noi dovremmo, anche in un contesto come questo, ricordare quel che è successo a Reggio Calabria. Le intercettazioni dei medici del reparto di ginecologia sono il simbolo di una degenerazione infinita, che ovviamente non va generalizzata, ma la sanità è anche quello.»

Mario Ferrante, Commissario straordinario dell’Asl di Avellino, ritorna ad indagare sulla questione sanità, quando dice che «noi siamo per una sanità migliore e per l’attivazione di procedure di qualità per quanto riguarda la salute mentale». E, soprattutto, ricorda l’immenso valore di persone come Margherita, di quelle persone, cioè, «che hanno avuto problemi di tipo psichiatrico e che poi dimostrano una notevole intellgienza, capacità di riflessione e di invenzione». Insomma, è proprio vero che «dalle piccole cose nasce l’alba di una nuova vita».

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