Cultura

L’appello dei registi italiani al ministro Lorenzin: «L’espressione artistica non ha il compito di educare»

Negli ultimi tempi si è tornato a discutere del problema del fumo e dei divieti a esso connessi. E lo si è fatto, perché il Ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, in occasione del decennale della legge in materia, varata dall’allora Ministro Sirchia, ha deciso d’incrementare con nuove disposizioni, i divieti riguardanti il fumo. La nuova legge, infatti, aumenterà i luoghi in cui non è consentito fumare, aggiungendo a quelli già presenti, le spiagge, gli stadi, i parchi pubblici e anche le automobili. Sarà vietato fumare in auto solo in presenza di minori a bordo, una disposizione questa che, sebbene non sarà gradita dai guidatori/fumatori, tutelerà sicuramente i bambini. A essere ancora più severa, tra queste disposizioni, potrebbe essere la scelta di vietare il fumo nei film e nelle fiction. Scelta dettata dall’intento di non istigare gli spettatori a fumare. Quest’ultimo punto è chiaramente quello che ha più fatto discutere. A storcere il naso sono stati soprattutto alcuni registi italiani, che hanno deciso di mobilitarsi, scrivendo un appello al ministro Lorenzin. Se queste disposizioni dovessero diventare legge, si aprirebbe un lungo dibattito sulla libertà d’espressione di un regista, il cui compito è raccontare storie. E’ questo uno dei punti su cui più si battono i registi nostrani. E così Sorrentino, Muccino, Virzì, Tozzi, Salvatores, Luchetti e tanti altri, hanno redatto un lungo messaggio, indirizzato al Ministro.

«Vogliamo esternare il nostro stupore e la nostra preoccupazione che ne possa venir fuori una norma che limiti in modo – scusate – davvero ridicolo la possibilità di raccontare la vita delle persone nei film», recita il testo. I registi hanno scelto di scrivere quest’appello, per esortare il Ministro a tornare sulle sue posizioni, rispetto a un tema tanto delicato.

Si legge: «Il cinema, la letteratura, l’espressione artistica in generale non rispondono e non dovrebbero mai rispondere ad alcun indirizzo, anche il più onorevole, il più giusto, il più sano, il più edificante. Il racconto degli esseri umani arricchisce l’avventura dei nostri giorni e delle nostre notti non perché ci ammaestra su come vivere salubremente, o perché ci consiglia cosa mangiare, come amare, come provare piacere. Per queste cose il Ministero dovrebbe avere a disposizione mezzi e canali di comunicazione che magari andrebbero resi più efficaci e moderni. Ma nulla c’entra con il cinema e con la letteratura».

Il Ministro non ha tardato a rispondere ai registi, spiegando che l’intenzione non era quella d’introdurre un divieto così rigido, ma solo la volontà di sensibilizzare rispetto a un problema tanto importante. Sembrerebbe, quindi, che per ora non sia a rischio la libertà artistica.

Il tema resta tuttavia molto complicato. E’importante comprendere quanto il cinema o, le fiction, abbiano il compito di educare. O se una simile missione non debba essere veicolata da altri mezzi. Da un lato ci sono scelte e decisioni legislative, che cercano di risolvere la problematica, tanto attuale del fumo e dei rischi, che ne derivano. Messaggio, che deve essere trasmesso, soprattutto ai minori, che spesso per spirito di emulazione, proprio di qualche personaggio di una fiction o protagonista di un film, iniziano a fumare, non del tutto consapevoli, dei rischi che un tale vizio comporta. Dall’altro, però, c’è il fascino “immaginifico” del cinema. Un cinema, che da sempre, racconta storie di personaggi, le cui virtù, ma anche i vizi li rendono così speciali, ma allo stesso tempo normali, umani. Cosa direbbe Humphrey Bogart, di un simile divieto? O il più giovane Gep Gambardella, la cui immagine con la sigaretta tra i denti, ha fatto il giro del mondo?

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