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Lo chef dona cibo ai “nuovi poveri”

Non si potevano organizzare pranzi e scampagnate tra amici, ma la solidarietà era praticabile anche a Pasqua. Così deve aver pensato Alessandro Dal Degan, giovane chef stellato, che gestisce due locali sull’altopiano di Asiago, a nord di Vicenza. Nei suoi ristoranti Osteria della Tana (che gestisce con il socio Enrico Maglio) e La Tana Gourmet, nel comprensorio sciistico Kaberlaba – si cucinano le pietanze con le erbe selvatiche cantate da Mario Rigoni Stern.

Il giovane cuoco è sorpreso dell’attenzione mediatica che ha suscitato la sua lettera aperta pubblicata su Facebook, con l’invito a mettersi in contatto, rivolto a chi ha bisogno di generi alimentari; un invito che non è passato inosservato. «Non volevamo comunicare che facciamo beneficenza. Quella la facciamo in privato ed in silenzio. Solo che eravamo rimasti colpiti da un episodio. Qualche giorno fa, un nostro cliente abituale è venuto a ritirare un pranzo d’asporto. Loro sono tre in famiglia, ma quella volta l’ordinazione era particolarmente importante. Mi disse che vicino a casa sua c’è una famiglia in difficoltà economiche, così lui e la moglie avevano pensato di donare loro qualche pietanza. Sollecitati da questa bella testimonianza, abbiamo pensato di fare qualcosa anche noi»

Così ha pubblicato un lungo post: «Abbiamo il magazzino pieno di pane, pasta, riso, olio, farina. Senza vergogna alcuna, scriveteci in privato. Ma fatelo solo se realmente ne avete bisogno, consci che se non fosse vero, sarebbe come rubare. Non fatevi problemi a chiedere aiuto, magari un giorno noi avremo bisogno di chiederlo a voi e ci piacerebbe poter contare su qualcuno. Non siamo ricchi, ma abbiamo il modo di donare un sorriso, che magari diventerà anche il nostro sorriso in questo momento triste. Rimarrà un segreto tra noi e te, nessuno lo verrà mai a sapere».

Sicuramente la garanzia dell’anonimato è stata determinante. «Siamo stati letteralmente presi d’assalto dalle richieste – racconta Dal Degan – anche dal sud d’Italia. Purtroppo, non abbiamo potuto accontentare le persone più lontane, perché non potevamo anche accollarci le spese di trasporto, abbiamo aiutato chi vive in zone limitrofe. Questo ci ha permesso di portare, non solo beni durevoli, ma anche i freschi, come sughi, frutta, verdura, qualche pezzo di carne. Abbiamo azzerato tutte le scorte. D’altra parte, con il lockdown e l’impossibilità di riaprire, rischiavamo di buttare tutto. Ci siamo riscoperti umani. Abbiamo pianto assieme a quanti si sono emozionati per questo nostro piccolo gesto di solidarietà».

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