Officina delle idee

Meeting. Il primo secolo di don Giussani,fondatore di Cl, l’educatore che sapeva ascoltare,valorizzare la bellezza e l’umanità.

Il più grande educatore del Novecento. Lo definisce così Massimo Turchetta, il direttore generale di Rizzoli che ha deciso di pubblicare l’antologia degli scritti di don Luigi Giussani “Alle radici di una storia”. È un omaggio al centenario della nascita. Al suo fianco, nell’auditorium della Fiera di Rimini, ci sono un giovane prete-giornalista e il successore del Gius.

«Un vero educatore non è un angelo – argomenta Davide Prosperi, presidente della Fraternità di Comunione e liberazione – e infatti lui stesso si definiva “mendicante” perché l’educatore mendica il compimento della propria umanità nell’umanità del figlio; questo è il senso più profondo della parola “comunione” che don Giussani ci ha insegnato a vivere!»

A Rimini in questi giorni rivive dunque un prete, un educatore, un teologo, un leader. Ma soprattutto un testimone. Nella mostra virtuale che il Meeting gli dedica, si sente un giornalista chiedergli «Perché l’aspettano?» Sullo sfondo vi è a una folla in attesa del suo arrivo, nel 1983. E lui risponde: «Perché credo in quello che dico». Con lo stesso cipiglio, racconta Prosperi, insegnava che «per rimanere giovani si dovesse rimanere fedeli a ciò per cui si è nati» e invitava i suoi ragazzi a «mettersi insieme a Chi vuol rimanere fedele al proprio cuore».

Don Luigi Maria Epicoco, assistente ecclesiastico del Dicastero per la comunicazione ed editorialista dell’Osservatore Romano, sostiene che è impossibile ed inutile “imprigionare” lo Spirito Santo in una casella e quindi «non c’è una formula che descriva un uomo attraversato dallo Spirito». Ieri ha testimoniato che «nei suoi testi non ci sono ragionamenti astratti ma si ha sempre la sensazione che abbia gli occhi negli occhi di qualcuno. Giussani sapeva che la priorità di un educatore è ascoltare».Come si sa, Giussani rinunciò per molto tempo alla cattedra universitaria per insegnare il suo metodo ai ragazzi del liceo Berchet: il metodo dell’«esperienza elementare» che è la verifica col cuore, entro un complesso di evidenze e esigenze in cui l’uomo è proiettato nel confronto con ciò che esiste

da Avvenire

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