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SPAGNA, CROLLA IL SOGNO “PODEMOS”. RAJOR (Pp):”RIVENDICHIAMO IL DIRITTO DI GOVERNARE”.

Podemos abbandona il sogno di diventare il primo partito di sinistra spagnolo e si scontra con la vittoria del Pp  e del leader  Mariano Rajoy. “Rivendichiamo il diritto di governare – ha detto il premier spagnolo uscente  – perchè abbiamo vinto. Da domani – ha aggiunto – inizieremo a parlare con tutti” in vista della formazione di un futuro governo”. Il Pp ha conquistato la maggioranza assoluta nel Senato di Madrid con 130 seggi su 208, davanti a Psoe (43) e Podemos (16). Rispetto al Senato uscente il Pp cresce di 6 seggi, il Psoe ne perde 4. In favore del partito del premier ha giocato un effetto Brexit, spingendo una parte degli elettori a votare la ‘sicurezza’ contro l’incertezza  di Podemos. Il Psoe di Pedro Sanchez si conferma la seconda forza ma deve fare i conti una leggera flessione: ottiene il 22,7% dei voti e 85 deputati contro i 90 del Congresso uscente. Si salva comunque dal disastro annunciato dai sondaggi. C’è da registrare il tonfo della neo formazione di centrodestra anti-casta di Ciudadanos: racimola 32 seggi e il 13%, ma il botto è notevole se si pensa che alla prima prova nella sua storia ne aveva conquistati 40.

Il tanto sognato storico “sorpasso” di Podemos sui socialisti è rimasto, dunque, un’utopia, nonostante gli exit pool parlassero di successo sicuro. La formazione di Pablo Iglesias (alleata con Izquierda Unida) ha ottenuto il 21,1% e 71 seggi, gli stessi di sei mesi fa quando però si presentò da solo. E a spoglio concluso il leader deve ammettere che la prestazione del suo partito “non è stata soddisfacente” e che la “perdita di consenso per il blocco progressista” lo preoccupa non poco.

Questi risultati del “secondo turno”, provocato dalla paralisi del Parlamento dopo le politiche di dicembre, senza maggioranze chiare e fra veti incrociati dei partiti, rischiano però di non risolvere il problema della governabilità del Paese.

I leader hanno detto di essere determinati ad evitare un nuovo ritorno alle urne. Le trattative però si annunciano difficili. E un terzo scrutinio, fra tre o quattro mesi, non appare impossibile.

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