Cultura

Università: il futuro non è in una crocetta

C’è una battuta del film di Silvio Muccino, “Che ne sarà di noi”, che recita più o meno così: « Ministro della Pubblica Istruzione Paolo, anni 20, quasi. E allora? Pensi che lui non sappia meglio di qualche 60enne  […] quali sono i problemi dei ragazzi che vanno a scuola? Lui che da scuola ci è appena uscito?»

Se a rispondere a questa domanda fossero stati gli studenti delle università partenopee, non avremmo avuto alcun dubbio: Paolo avrebbe certamente trovato posto nella squadra di governo composta pochi mesi fa da Matteo Renzi. Il campione di trenta ragazzi intervistato, infatti, boccia ancora una volta la pratica dei “Quiz” per l’ingresso alle facoltà a numero chiuso.

Abbiamo sottoposto agli iscritti degli atenei napoletani, Federico II, Orientale, SUN e Suor Orsola Benincasa, l’articolo del Direttore Samuele Ciambriello su Linkabile.it, chiedendo loro un parere a riguardo. Alla domanda «sei favorevole all’utilizzo dei test per la selezione?» la risposta tuona unanime: «no».

Il dato che deve però far riflettere è che, tra questi, ben oltre il 70% ha superato le prove a cui si è sottoposto. Nessuna recriminazione, quindi, da parte di chi non ce l’ha fatta.

«L’università dev’essere libera. Chissà quanti architetti anche migliori di me non hanno avuto la possibilità di cimentarsi con gli studi che sognavano». Sostiene Massimo, 11 esami e una media sufficientemente alta da permettersi un pizzico di presunzione in più.

Anche sulla composizione dei questionari il feedback è fortemente negativo.

Il test viene definito spesso sbilanciato, con eccessive domande di cultura generale non sempre inerenti agli studi che il candidato dovrà intraprendere in seguito (trattasi soprattutto di facoltà scientifiche o sanitarie), a discapito delle domande di interesse specifico. Più apprezzati, invece, i quesiti di logica e comprensione del testo.

«Ogni studente universitario dovrebbe possedere l’abilità di dedurre informazioni in modo logico e coerente dai testi che gli vengono posti in esame» sottolinea Salvatore, neo-dottore in matematica.

Abbiamo chiesto, poi, ai ragazzi di dare un suggerimento, allo scopo di favorire un ingresso meritocratico alle facoltà con sbarramento. La maggioranza concorda sul lasciar fare alla “selezione naturale”, dando a tutti le stesse possibilità sui blocchi di partenza. Tuttavia, in molti riconoscono l’utilità di porre una soglia minima di esami sostenuti al termine del primo anno didattico, al fine di contenere il numero di studenti che occuperà i pochi posti disponibili nelle aule gli anni successivi.

«La necessità di porre un limite minimo di esami nasce dal fatto che, altrimenti, non ci sarebbero abbastanza posti a sedere per tutti gli studenti. Le strutture sono inadatte a soddisfare la richiesta di quanti fanno domanda». Per il 30% degli intervistati, invece, meriterebbe più peso il curriculum scolastico pregresso. Molto apprezzato è il sistema americano ritenuto, però, dai più tanto valido quanto “utopico”.

Il diritto allo studio, qui in Italia, viene, a loro avviso, fortemente leso. Sentono il nepotismo farla da padrone, i loro sogni spezzati prima ancora di avergli dato una sola possibilità di realizzazione. Troppe volte la politica ha chiuso gli occhi di fronte alle richieste dei ragazzi, futuro della ricerca e dello sviluppo economico e sociale del Paese.

Forse Paolo e i suoi amici non saranno pronti a diventar Ministri, ma certamente sanno cosa vogliono e cosa sono pronti a dare per ottenerlo. Non è ora di ascoltarli?

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