CARCERI ANCORA DA GALERA: SOVRAFFOLATE, CELLE STRETTE, VIOLENZE, PROCESSI LUNGHI, TROPPA CUSTODIA CAUTELARE. IL CONSIGLIO D’EUROPA BACCHETTA L’ITALIA

Carceri ancora da “galera”, con ampie carenze strutturali, di personale di polizia penitenziaria, di educatori, di figure sociali di supporto, celle strette e purtroppo ancora violenze. Avanti di questo passo, tra tre anni le carceri torneranno al sovraffollamento per cui l’Italia fu condannata nel 2013 dalla Corte europea dei diritti umani. Processi troppo lunghi, troppa custodia cautelare, troppe celle disponibili solo in teoria, troppo basso il ricorso alle misure alternative che abbattono la recidiva. E in alcuni penitenziari siamo di nuovo sotto la soglia minima dei 3 metri quadri per detenuto: alcuni carceri hanno quasi il doppio dei detenuti rispetto ai posti. Tra l’8 aprile e il 21 aprile 2016 in varie carceri  (Como, Genova marassi, Ivrea, Torino, Ascoli, Sassari) si recarono rappresentanti del Comitato per la prevenzione e la tortura, dipendente dal Consiglio d’Europa(che nulla c’entra con l’Unione Europea). Hanno pubblicato il loro rapporto su quelle visite, prendono nota “della riforma senza precedenti del sistema penitenziario attuata dalle autorità italiane” che ha portato a un calo di 11.000 persone nella popolazione carceraria ed un aumento di 2500 posti disponibili nel triennio 2013-2015.

«Le persone sotto custodia della polizia non sempre beneficiano delle garanzie loro concesse dalla legge», scrive nel report il Cpt che reputa anche «insufficienti le condizioni delle camere di sicurezza di alcune stazioni della Polizia di Stato e dei Carabinieri» e ricorda di aver «effettuato un’osservazione immediata sulle persistenti misere condizioni di detenzione» riscontrate «ancora una volta durante la visita alla Questura di Firenze».
E così il Consiglio d’Europa punta il dito contro il sovraffollamento delle carceri italiane che «non è stato risolto perché molti istituti di pena operano ancora al di sopra della loro capacità», malgrado le misure prese dopo la cosiddetta «sentenza Torreggiani» con la quale la Corte Europea dei diritti dell’uomo aveva nel 2013 condannato l’Italia per trattamenti inumani e degradanti. Anche perché, come ricorda l’associazione Antigone, «ad agosto il numero di detenuti ha superato nuovamente le 57.000 unità e attualmente il 16% della popolazione vive in meno di 4 mq, non lontano dal parametro minimo che è fissato a 3 mq. Proprio su questo parametro il Cpt critica l’Italia, rea di utilizzare lo stesso come elemento centrale delle proprie politiche, quando è nettamente al di sotto degli standard che lo stesso Comitato indica».

Si denunciano, inoltre, numerosi casi di maltrattamenti. Il Comitato ha espresso preoccupazione “per le accuse di maltrattamenti fisici inflitti a persone private della libertà dalle forze dell’ordine o detenute in carcere”. Nel testo si specifica che “le persone in custodia non sempre godono delle garanzie previste dalla legge”. Le autorità italiane sono dunque state invitate a fare “una comunicazione formale alle forze dell’ordine, ricordando loro che i diritti delle persone in loro custodia devono essere rispettati e che il maltrattamento di tali persone sarà perseguito e sanzionato di conseguenza”.

Il rapporto cita come casi di maltrattamenti rilevati “pugni, calci e colpi con manganelli al momento del fermo (e dopo che la persona era stata messa sotto controllo) e, in alcune occasioni, durante la custodia”. E si tratta di un fenomeno da arginare perchè “se l’emergere di informazioni che indicano maltrattamenti non è seguita da risposta pronta ed efficace, coloro che sono propensi a maltrattare crederanno di poterlo fare senza essere puniti”.

Il rapporto metta in evidenza  anche alcuni elementi positivi, tra cui il regime della sorveglianza dinamica (che si applica ormai in molte carceri nei reparti di media sicurezza) e la nomina del Garante Nazionale delle persone private della Libertà personale. Anche la riforma della sanità con il passaggio alle Asl è vista con favore dagli esperti del Comitato. Infine è stato apprezzato il miglioramento della condizione degli detenuti dopo il passaggio dagli Opg alle Rems. E noi volontari che operiamo nelle carceri, pur bocciando le prigioni attuali, riconosciamo che nelle condizioni precarie ci sono anche gli agenti della polizia penitenziaria che spesso sostituiscono le poche figure sociali presenti nell’Istituto, evitando tentativi di autolesionismo e nei casi più gravi scongiurando suicidi ed aggressioni. Il governo italiano ha già risposto al Consiglio d’Europa elencando le riforme degli ultimi due anni nell’ambito del sistema giudiziario e per migliorare la condizione dei detenuti. Ma quello che il Cpt chiede alle autorità italiane, al più alto livello politico, è «un messaggio chiaro ai funzionari di polizia» per contrastare la pretesa di impunibilità e ricordare loro che «tutte le forme di maltrattamento fisico sono inaccettabili e saranno perseguite e sanzionate di conseguenza».

Malgrado le riforme, l’istituzione di un Garante nazionale dei detenuti e delle persone private di libertà e l’introduzione del reato di tortura nel nostro codice penale, lo Stato italiano è ancora ben lungi dall’essere completamente legale, di fronte al consesso europeo ed internazionale, nel campo dei diritti umani. Il Governo può subito dare segnali concreti.

Ogni volta che vado in carcere, si parla all’attuazione della riforma dell’ordinamento penitenziario approvata il 23 giugno scorso. Per fare ciò servono i decreti attuativi e a redigerli ci stanno pensando le tre commissioni istituite dal guardasigilli Orlando. Il timore espresso dai detenuti e dagli operatori del settore e non solo, è che i tempi si prospettano troppo lunghi, con il serio rischio di vanificare tutto il lavoro visto che dal Ministero della Giustizia si parla di presentare le bozze dei decreti entro il 31 dicembre. Dopodiché, una volta approvati dal Consiglio dei ministri, le commissioni giustizia del Senato e della Camera dovrebbero dare un parere ai decreti per poi passare ad una eventuale approvazione definitiva da parte dell’esecutivo. L’iter, quindi, si prospetterebbe lungo e ciò avverrebbe in piena campagna elettorale e nella situazione in cui ci saranno altre priorità come la legge elettorale e quella di bilancio. Ecco perché le proteste e gli scioperi pacifici dei detenuti in tutte le carceri italiane.

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