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Squadre B: riforma insoddisfacente, come e perché migliorarla?

L’arrivo della riforma dedicata alle squadre B era stata accolta con grandissimo entusiasmo dagli addetti ai lavori, salvo poi riverlarsi un mezzo flop vista la partecipazione, ad oggi, della sola Juventus. La scorsa estate anche società come Milan e Torino si erano interessate alla creazione di una seconda squadra per poter testare i propri giovani e farli abituare al calcio professionistico, senza il bisogno di sballottarli a destra e a manca a forza di prestito gratuiti tra Serie D, C e B.

Nonostante lo scetticismo di qualcuno, l’arrivo delle squadre B ha risposto all’esigenza di ritrovarsi al passo coi tempi rispetto al calcio europeo. In altri Paesi quali Spagna, Olanda, Portogallo e Francia le seconde squadre sono ormai realtà consolidata. In Italia siamo purtroppo abituati a vedere il cambiamento da una prospettiva lontana, quasi come una minaccia.

Ovvio che i risultati, da un punto di vista strettamente sportivo, rischiano di latitare. Si tratta pur sempre di esperimenti calcistici, ancor di più quando ad essere coinvolti sono giovanissimi poco abituati al contatto col calcio “vero”, soprattutto quello di provincia dove molto spesso si trovano giocatori di esperienza, magari con un passato ad alti livelli. Lo dimostra la Juventus B, formazione che nella sessione estiva 2018 aveva speso più di tutte le altre società di categoria, salvo poi chiudere il campionato di Serie C senza neanche ottenere l’accesso ai play-off.

Nulla di preoccupante: una squadra composta quasi esclusivamente da Under 23 non può certo puntare alla vittoria del campionato. In fondo, l’obiettivo di un top club che investe per la creazione di una seconda squadra, dovrebbe essere quello di far crescere i suoi giovani, indipendentemente dai risultati collettivi. La Juventus per ora è stata la più coraggiosa, mentre le altre non sembrano ancora pienamente entrate in quest’ottica.

La verità è che la riforma, messa in atto dal sub commissario della FIGC Costacurta nel maggio 2018, presenta alcune incongruenze. Da un punto di vista di costruzione della rosa, qualcosa andrebbe sicuramente rivisto. Vediamo nel dettaglio.

  • Presenza di calciatori stranieri: che senso ha fare una riforma per far crescere i giovani dei propri vivai se poi si vanno comunque a pescare all’estero? Ridurre l’apporto di calciatori stranieri nella rosa dovrebbe essere uno dei mantra in eventuali future modifiche della riforma. Certo, la presenza di almeno 16 calciatori su 23 che siano stati tesserati per almeno 7 stagioni in società affiliate alla FIGC tra le norme, non aiuta. Una via di mezzo dovrebbe essere d’aiuto.
  • Presenza di calciatori Over: l’idea di dare un’ossatura di squadra inserendo alcuni giocatori di esperienza sembra concettualmente giusta. La verità è che, se una rosa deve essere costruita per far giocare i giovani, non ha senso inserirne altri con un’età superiore ai 23 anni.

Questo per quanto concerne il campo, ma non è tutto. Altri problemi sono quelli che non riguardano il lato prettamente sportivo:

  • Sistema ripescaggi da rivedere: non è possibile che una squadra possa iscriversi solo nel momento in cui si dovessero presentare dei posti liberi lasciati da altre società che per problemi economici non riescono ad iscriversi al campionato. In pratica, bisogna aspettare il fallimento del club di provincia di turno per far iscrivere la propria squadra. Un modo non proprio idoneo per permettere ai top club di costruire un progetto serio di squadra B.
  • Tifosi/Appeal/Stadio: pochi tifosi presenti alla stadio, campi da gioco di fortuna o da dividere con altre società magari in affitto. Costruire la rosa è solo il primo passo di una lunga montagna da scalare. I club dovrebbero invogliare i propri tifosi a seguire anche la squadra B. In che modo? Costruendo uno stadio apposito, vendendo i biglietti in mini-abbonamento con le gare della prima squadra, promuovendo dei social media appositi per le stesse. Tutto questo significa una sola cosa: investimento, senza una sicura possibilità di ritorno economico, almeno a breve termine. Mossa considerata ad oggi troppo rischiosa per le società?

Dopo anni di buoi totale, qualcosa di buono si intravede ma di sicuro non basta. Ora che la rivoluzione, necessaria, appare dietro l’angolo, bisognerebbe attuare un ultimo sforzo. Da parte di tutti, per il bene di tutti.

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