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Ddl Pillon, Laura Boldrini: «Una riforma sulla pelle delle donne»

Il disegno di legge Pillon fa ancora discutere tanto, nonostante siano passati diversi mesi. La legge  prevede che in caso di separazione dei  genitori di minori devono iniziare un percorso di mediazione familiare, diversamente non possono procedere. La legge prevede che venga istituito un albo dei mediatori familiari. Il primo incontro deve essere gratuito per legge, gli altri si pagano. Il procedimento di mediazione familiare non deve durare più di sei mesi; il minore può partecipare ma solo se ha almeno 12 anni.  Inoltre, non conta come siamo i rapporti tra i genitori. Il ddl Pillon prevede che il minore debba trascorrere con entrambi lo stesso tempo, a meno che non ci siano altri ostacoli materiali. Quindi, il minore deve trascorrere non meno di dodici giorni al mese, pernottamente compresi, con il padre/madre. Ovviamente, non si rispetta questa prescrizione in casi di rischi dovuti a violenza, abusi, inadeguatezza logistica.

Il giudice affida in via condivisa i figli minori a entrambi i genitori e stabilisce il doppio domicilio del minore. Quindi, le comunicazione scolastiche, amministrative e sulla salute devono pervenire a entrambi i domicili. Ci può anche essere affidamento esclusivo ma va garantito il diritto del minore alla bigenitorialità. Il giudice deve, in caso di affidamento esclusivo, darsi da fare per rimuovere le cause dell’affidamento esclusivo.  E’ previsto che entrambi i genitori devono provvedere alle spese del minore, in misura proporzionale al reddito, con il mantenimento diretto. Il giudice può stabilire che un genitore corrisponda all’altro un assegno periodico a titolo di contributo, ma solo se strettamente necessario. Ogni genitore deve provvedere di par suo in base a quanto stabilito dal piano genitoriale. Se in caso un genitore dovesse ostacolare l’altro nella relazione con il figlio dopo la separazione,  il giudice può intervenire per favorire la corretta relazione con il genitore leso. I provvedimenti, possono essere applicati anche quando il figlio manifesta rifiuto, alienazione o estraniazione, anche in assenza di evidenti condotte di uno dei genitori. Il giudice può intervenire e ordinare al genitore di smetterla con le condotte scorrette o disporre la limitazione o sospensione della responsabilità genitoriale con un provvedimento d’urgenza.

Lei in abito da sposa bianco, accanto il futuro marito e le loro mani incatenate. Il nuovo volto del matrimonio. È questa l’ultima protesta portata in strada, davanti al Duomo di Milano, contro il ddl Pillon, il disegno di legge firmato dal senatore leghista Simone Pillon che vuole riformare il sistema di affido per le coppie separate e gli accordi per le separazioni. Il senatore leghista la definisce «bigenitorialità perfetta», nonostante la valanga di critiche e proteste che ha scatenato dalla sua presentazione lo scorso settembre a oggi. Nelle ultime ore diverse piazze d’Italia, Montecitorio compresa, sono state animate dalle manifestazioni indette dal collettivo Non Una Di Meno. Tra i provvedimenti del ddl, in caso di separazione, ci sono la cancellazione dell’assegno di sostentamento, l’obbligo di frequentazione «paritario» dei genitori separati da parte dei figli, così come quello della mediazione familiare a pagamento.

Per ora, è tutto rinviato a settembre. La Commissione Giustizia del Senato, che stava lavorando sul testo, ha rinviato la discussione a nuova data, riaffidando a Pillon l’incarico di riscrivere un testo unico sull’affido. «Ripiombiamo indietro di 50 anni. Dobbiamo opporci», ha ribadito più volte Laura Boldrini, ex presidente della Camera e oggi deputata Leu, da sempre al fianco delle donne e dei diritti. Oggi più che mai.

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Perché è importante dire no a questo ddl?
«È importante vedere tante associazioni presenti in piazza perché vuol dire che su questo provvedimento le donne che lavorano accanto alle vittime di violenza non indietreggiano. Sono consapevoli della portata in gioco. C’è una fondamentale collaborazione tra la società civile e le donne parlamentari che vogliono bloccare questo provvedimento».

La discussione è stata rinviata a settembre.
«Il ddl PIllon è arrivato di nuovo in Commissione nonostante il Sottosegretario Vincenzo Spadafora avesse detto che era stato archiviato. Tutto ciò ha dell’incredibile e mette in luce l’incapacità del M5S di portare avanti una linea che possa essere rispettata. Avrebbero potuto impedire che il nuovo relatore per il testo fosse Pillon e non l’hanno fatto».

È il gioco delle parti?
«Il Movimento Cinque Stelle è privo di qualsiasi forza politica. Mi sembra che siano disposti a tutto per restare al potere. Basti pensare alla Tav, avevano giurato che mai si sarebbe fatta. Il M5S è completamente salvinizzato, è una forza politica che mancando d’identità ha messo insieme una sfilza di cedmenti verso i partner minoritario del contratto di governo. È una debacle politica».

Qual è, secondo lei, l’obiettivo di questo ddl?
«Pillon è un portatore d’interessi, oltre a fare il senatore è un lobbista per il suo ambito ovvero quello dei mediatori familiari. Questo suo disegno di legge tratta i bambini come dei pacchi postali privi d’identità e  mette le donne davanti al fatto che se alzano la testa, anche davanti alle violenze domestiche, rischiano di non vedere più i figli. Anche se non lavorano, devono provvedere alle necessità dei figli ma nel nostro Paese solo il 49% delle donne ha un’occupazione, purtroppo. È questo il grande problema».

Quali conseguenze si prospettano?
«Per esempio che se una donna non lavora e denuncia il marito perché è violento, si deve poi sottoporre anche alla mediazione con il violento, che è vietata dalla Convenzione di Istanbul. Se non ha mezzi per provvedere al figlio, deve rinunciarvi? È una cosa terribile, tutta mirata a non far separare a ogni costo. Sulla pelle delle donne».

E sui diritti.
«C’è una tendenza a riconsiderare i diritti delle donne, un vento di restaurazione che soffia forte in Italia ma anche in altri Paesi, come Usa, Polonia, Ungheria, Russia. Il tentativo è quello di riportare indietro la società verso schemi superati. Quello del pater familias e quindi della centralità di questa figura a discapito di tutte le altre».

Uno scenario che inquieta.
«Bisogna contrapporsi, mobilitare le persone, far capire a tutti che questo è un pericolo serio da non sottovalutare. Quando invitai il primo ministro canadese Justin Trudeau alla Camera, lui iniziò il suo intervento dicendo “Io sono femminista”. Quando accadrà anche in Italia?».

Al momento sembra una possibilità remota.
«Se un presidente del consiglio parla di diritti delle donne come un tema centrale nella sua agenda questo fa traino e cambia la mentalità. Il nostro ministro dell’interno è un hater professionista che espone ogni giorno una donna alla gogna. Una volta è Carola Rackete, un’altra sono minorenni che lui dovrebbe tutelare».

Spesso anche lei viene chiamata in causa.
«Non c’è diretta Fb in cui non m i chiami in causa, e giù con i commenti vergognosi dei suoi followers».

Lei come reagisce?
«Rispondo colpo su colpo. Non si soccombe alle intimidazioni, certo è faticoso, costa anche soldi, ma qualcuno deve dare il via perché le nostre figlie hanno diritto di vivere in un Paese che le rispetti. io non mi sento sconfitta, insieme a tante altre e tanti altri, combatto».

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